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A passo d’uomo (dal 27/10)

25 Ottobre , 2023

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Movie Story

venerdì 27 ore 19.40
sabato 28 ore 16.30
domenica 29 ore 16.10
martedì 31 ore 17.20
mercoledì 1 ore 20.40

giovedì chiusura settimanale

 

Regia di Denis Imbert, con Jean Dujardin, Joséphine Japy, Izïa Higelin, Anny Duperey, Jonathan Zaccaï. Titolo originale: Sur les Chemins Noirs. Genere Drammatico, – Francia, 2023, durata 95 minuti. Uscita cinema giovedì 19 ottobre 2023 distribuito da Wanted.

Dall’omonimo libro autobiografico dello scrittore francese Sylvain Tesson.

UN PERCORSO FOLLE CON JEAN DUJARDIN CHE DIMOSTRA ANCORA UNA VOLTA IL SUO GRANDE ECLETTISMO.
Recensione di Giancarlo Zappoli
giovedì 5 ottobre 2023
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Pierre è uno scrittore che nei suoi libri ha descritto spesso considerazioni sui suoi viaggi. Una grave caduta lo blocca a lungo in un letto d’ospedale da cui si ripromette, qualora ne uscisse ancora in grado di deambulare, di compiere un’impresa. Intende camminare per circa 1300 chilometri attraversando la Francia percorrendo vie e sentieri poco o per nulla praticati.

Jean Dujardin fa propri gli abiti e le riflessioni di Sylvain Tesson, già noto al pubblico italiano.

Chi, anche se non ne ha letto i libri, ha visto Il leopardo delle nevi conosce infatti Tesson per averlo visto, in compagnia del co-regista e fotografo naturalista Vincent Munier riflettere e osservare con rispetto l’ambiente naturale a 5000 metri d’altezza sull’altopiano tibetano in inverno. Già in quel documentario si poteva notare come la parola, scritta e detta, fosse affidata a lui che elaborava un diario di quell’esperienza. Anche in questo caso sono le riflessioni a costruire il percorso narrativo del film. Il quale, va riconosciuto quando accade perché non è così consueto, ha un titolo italiano che è decisamente più significativo e soprattutto efficace di quello originale. Se Sur le Chemins Noir si limitava ad offrire un’informazione logistica (per i francesi che sanno a cosa si fa riferimento), quello italiano coglie l’essenza dell’esperienza.

Perché è proprio l’uomo che Pierre (alter ego di Sylvain) sta cercando di ritrovare in questo percorso ‘folle’ che qualsiasi medico gli sconsiglierebbe. Sta cercando quell’uomo che si era nascosto dietro l’immagine dello scrittore di successo e dotato di fascino, capace di sedurre una giovane donna con una sola frase ma, al contempo, incapace di non affogare nell’alcol tensioni interiori originate nell’infanzia.

Con 20 fratture distribuite in varie parti del corpo in seguito a una bravata realizzata dopo una serata alcolica, bloccato per due mesi in un letto, Tesson si è detto, come afferma in un’intervista “Come ho potuto buttare via il mio tempo? Non devo dimenticare che ci sono il sole e il vento. Non devo dimenticare di vivere”. Ecco allora che Denis Imbert trova in Jean Dujardin l’interprete giusto per fare proprio da tutti i punti di vista questo bisogno che cerca una concretizzazione.

L’attore francese dimostra ancora una volta il proprio consapevole eclettismo consegnandoci un essere umano in cammino che, tappa dopo tappa (ognuna delle quali definite da una sovrascritta), mentre procede con passi a volte stentati e con dolori che si riacutizzano per poi comunque venir dominati dalla volontà, compie anche un percorso nel passato. Rivede infatti il se stesso di prima scoprendone anche i lati meno piacevoli mentre intanto compie incontri ognuno dei quali gli lascia una sensazione in più. Se la giovane donna in un alpeggio disposta ad ospitarlo gli fa pensare per un attimo (si tratta di uno sguardo) di poter essere ancora un seduttore, un monaco, mostrandogli una scultura in pietra, gli trasmette l’idea che materia e spiritualità non debbono essere necessariamente considerate in contrasto. Viene così evidenziato il fil rouge del film: un corpo segnato dal dolore che cerca le ragioni profonde dell’esistere attraverso un contatto con la Natura che la cosiddetta ‘civiltà’ sta rendendo sempre meno presente.