venerdì 17: ore 17.00 – 21.30 (V.O.S.)
sabato 18: ore 16.20 – 18.30
domenica 19: ore 16.00 – 20.40
lunedì 20: ore 17.00 – 21.30
martedì 21: ore 17.00 – 19.10
mercoledì 22: ore 19.30 – 21.30
GIOVEDì RIPOSO SETTIMANALE
Regia di Pawo Choyning Dorji, con Tandin Wangchuk, Kelsang Choejey, Deki Lhamo, Pema Zangmo Sherpa, Tandin Sonam. Titolo originale: The Monk and the Gun. Genere Drammatico, Commedia, – Taiwan, Francia, USA, Hong Kong, Bhutan, 2023, durata 107 minuti. Uscita cinema martedì 30 aprile 2024 distribuito da Officine Ubu.
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL ROMA FILM FESTIVAL 2023
UN FILM SEMPLICE MA DALLO SGUARDO ACUTO SU UN MOMENTO SPECIALE IN BHUTAN: LA PRIMA VOLTA ALLE URNE.
Recensione di Giancarlo Zappoli (mymovies.it)
mercoledì 13 marzo 2024
Bhutan 2006. Il re rinuncia a parte dei suoi poteri decidendo di indire per la prima volta elezioni democratiche. Alcuni funzionari statali vengono mandati nei villaggi per spiegare direttamente le dinamiche elettorali. In uno di essi un Lama decide di dotarsi di almeno un fucile per ‘mettere le cose a posto’…
Al suo secondo film Pawo Choyning Dorji affronta le tematiche legate al suo popolo con uno stile diverso rispetto a Lunana – Il villaggio alla fine del mondo.
Dopo aver affrontato, con uno stile semi-documentaristico, i temi legati all’educazione e al mondo rurale il regista torna ad occuparsi della propria terra volgendo lo sguardo ad un passato prossimo e ad un evento che hanno avuto un grande significato sia sul piano politico che su quello sociale. Perché le elezioni, concesse da una monarchia che ha deciso di diventare costituzionale con le due elezioni per le due Camere nel dicembre 2007 e nel marzo 2008, hanno costituito davvero un cambiamento per molti inimmaginabile.
Dal punto di vista occidentale un corpo elettorale formato da unità familiari e non da individui non può costituire un esempio di democrazia completamente attuata ma il film riesce ad offrire, con semplicità ma anche con sguardo acuto, la lettura di quali fossero le aspettative della monarchia e quanta confusione regnasse tra i sudditi. La necessità di dover organizzare una simulazione della tornata elettorale offre l’occasione per creare un clima da commedia in cui gli inviati del governo inventano tre partiti utilizzando delle ripartizioni generiche ma, soprattutto, dei colori. Con le conseguenze che si potranno apprezzare.
C’è poi, a fare da fil rouge, la richiesta del Lama locale di poter avere delle armi con lo scopo dichiarato di mettere le cose a posto. L’ambiguità voluta dell’enunciato consente di creare un’aspettativa che opera su punti di vista e/o pregiudizi di chi guarda nei confronti di una forma di spiritualità che, come Dorji ricorda, nelle campagne più che nelle città costituisce ancora uno stile di vita in cui i monaci sono visti come l’incarnazione degli insegnamenti del Buddha e pertanto vengono venerati e rispettati.
La presenza dell’americano, collezionista ma anche trafficante d’armi, offre l’occasione per mettere a confronto due mondi che si trovano agli antipodi. Nell’uno è ancora viva una forma di innocenza che il film mette in rilievo dandole la giusta dimensione senza mai ridicolizzarla (anche quando altri ne avrebbero magari colto l’opportunità). Nell’altro un’avidità malcelata. Un popolo che, mentre il mondo entrava nella galassia digitale, sceglieva di non introdurre né i telefoni cellulari né internet per salvaguardare il proprio stile di vita potrebbe essere rappresentato con modalità quasi favolistiche, come il titolo italiano sembrerebbe suggerire. Non è quello che accade qui. Ci viene semmai chiesto di interrogarci, senza che nessuno pretenda di farci la morale, su scelte e valori molto differenti dai nostri.