per PASOLINI 100
martedì 26 ore 19.10 – 21.20
mercoledì 27 ore 17.00
(Italia-Francia-Germania/1971) di Pier Paolo Pasolini (114′)
Soggetto: liberamente ispirato al Decameron di Giovanni Boccaccio. Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini. Fotografia: Tonino Delli Colli. Montaggio: Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi. Scenografia: Dante Ferretti. Coordinamento musicale: Pier Paolo Pasolini con Ennio Morricone. Interpreti: Franco Citti (Ciappelletto), Ninetto Davoli (Andreuccio da Perugia), Angela Luce (Peronella), Pier Paolo Pasolini (allievo di Giotto), Giuseppe Zigaina (frate), Vincenzo Amato (Masetto da Lamporecchio), Guido Alberti (un ricco mercante), Gianni Rizzo (Padre superiore), Elisabetta Genovese (Caterina), Silvana Mangano (la Madonna). Produzione: Alberto Grimaldi, Franco Rossellini per PEA / Les Productions Artistes Associés / Artemis Film. Durata: 114’
Contro un presente di conformismo e massificazione che gli ispirava disgusto, Pasolini reagì rievocando il mito di un passato popolare, dominato dalla carnalità e da un eros incorrotto. Per il primo film della Trilogia della vita, si ispirò a nove racconti di Boccaccio, calandoli a Napoli e privilegiando i temi dell’erotismo, della morte e dell’inganno. L’umorismo beffardo e verace che percorre il film come un esorcismo, non cancella, infatti, una tinta ferale che si insinua nel tessuto delle storie, sempre dominate dalla densità materica di ambienti, oggetti e corpi. Lo stesso Pasolini interpreta il proprio autoritratto nel ruolo del “miglior discepolo di Giotto”.
Non ho scelto personaggi del Decameron per caso ma per offrire esempi di realtà. Un personaggio del Decameron è esattamente il contrario di un personaggio che si vede nei programmi televisivi o nei cosiddetti film consolatori. Questo per restare solo sul piano dell’idea figurativa. Dal Decameron in poi è questo che conta maggiormente, questa fisicità del personaggio, che si impone. […] Nel Decameron io ho girato come so e come voglio girare: più che mai nel mio stile. Ma mentre in Porcile e Medea il mio gioco era atroce, ora esso è lieto, stranamente lieto. Un’opera lieta (fatta con tanta serietà, naturalmente) mi sembra contraddire ad ogni aspettativa, è una disobbedienza completa. […] Ma col Decameron (almeno nel girarlo) non si tratta più di umorismo e di distacco dalla materia: si tratta proprio di gioco. Si vede che la perdita di fede (che è sempre stupida) mi ha dato inizialmente un trauma; ma poi, con la perdita totale della fede (nella storia, s’intende) ho ritrovato una gaiezza, sì, una gaiezza che non ho mai avuto, e quindi non ho mai perduto.
(Pier Paolo Pasolini)