Regia di Jesse Peretz. Un film con Rose Byrne, Ethan Hawke, Chris O’Dowd, Megan Dodds, Jimmy O. Yang, Lily Newmark. Cast completo Titolo originale: Juliet, Naked. Genere Commedia – Gran Bretagna, 2018, durata 105 minuti
Duncan e Annie vivono una relazione abitudinaria da 15 anni: lui è ossessionato da un musicista ritiratosi misteriosamente dalle scene, Tucker Crowe, mentre lei vorrebbe un figlio ma non osa insistere. Quando emerge un album inedito di Crowe e il musicista entra di fatto nelle loro vite, le crepe tra i due diventano insanabili.
Tutto in Juliet, Naked grida forte e chiaro il nome di Nick Hornby e di una tipizzazione dei rapporti umani che si ripete con variazioni minime da “Alta fedeltà” in poi.
Un Peter Pan brizzolato, anzi due: fan e artista, differenti declinazioni della figura di perdente cara all’autore di “Febbre a 90”. Il differente punto di vista, americano e non britannico, di Jesse Peretz rischia di rendere più stereotipata la visione dell’inglesità, fatto che, non a caso, la critica britannica ha mostrato di non gradire. Ma quel che si perde in britishness si guadagna nella componente a stelle e strisce, visto il casting perfetto di Ethan Hawke come Tucker Crowe (è l’attore a interpretare tutti i brani musicali).
Un “giovane nonno”, o un vecchio ragazzo, scombinato, perdente e sconclusionato almeno quanto Duncan lo aveva assurdamente mitizzato. Uno scollamento tra elaborazione dei propri miti, con generazione di un proprio intangibile avatar, e realtà concreta: una collisione che raggiunge l’apice quando Tucker Crowe entra nelle vite di Annie e Duncan e nello schema da romcom di Jesse Peretz. Duncan è detestabile nella sua incapacità di ascoltare la propria compagna, ma è anche drammaticamente realistico e contemporaneo.
Paradossalmente l’equilibrio creatosi fin lì, attraverso una pregevole caratterizzazione dei personaggi, si sfalda progressivamente man mano che il rapporto tra Annie e Tucker prende corpo. Splendida coppia Byrne-Hawke, ma la sceneggiatura finisce per assisterli sempre meno, introducendo nuovi personaggi e situazioni da romcom (la mostra con esecuzione di Waterloo Snset dei Kinks), che rallentano il meccanismo anziché oliarlo. Come se si preferisse girare attorno alla svolta narrativa senza assumersi il rischio, come se la sceneggiatura dimostrasse la medesima incompiutezza dei protagonisti raccontati.
Un’impressione di frammentarietà che è forse aggravata dalla – evidente – scrittura a più mani dello script (tra gli autori figura Tamara Jenkins, autrice dell’ottimo Private Life) che sfocia in un epilogo sbrigativo, irrisolto. Troppi fili restano sospesi, troppo pathos narrativo viene colpevolmente sperperato. Difficile che Juliet, Naked possa aggiungersi a piccoli classici del genere come Questi sono i 40, La verità è che non gli piaci abbastanza o …E alla fine arriva Polly: se il film di Peretz sarà ricordato sarà grazie all’ennesimo personaggio di Hawke ricco di richiami alla vita dell’attore, maestro indiscusso – insieme al suo mentore Richard Linklater – nel mescolare e intrecciare realtà e finzione. In una infinita irresolutezza che accomuna Tucker Crowe a Juliet, Naked nel suo complesso, che resta un film gradevole ed effimero dove avrebbe potuto ambire a qualcosa in più. (Emanuele Sacchi, mymovies.it)