Regia di Alejandro Jodorowsky, con Alejandro Jodorowsky. Genere Documentario – Francia, 2019, durata 100 minuti. Uscita cinema martedì 8 ottobre 2019 distribuito da Mescalito Film.
Prologo: in un contesto informale Alejandro Jodorowsky, rivolto all’obiettivo, spiega oggi, come ha elaborato negli anni la psicomagia. Terapia che, a differenza della psicanalisi freudiana, affonda le sue radici nell’arte e non nella scienza, si basa sulle azioni e non sulla parola e non da ultimo incoraggia il terapista a toccare le persone che lo consultano. “La parola nacque nella mia testa cinquant’anni fa sotto forma di un massaggio iniziatico”, afferma. Seguono quindi, isolate l’una dall’altra da dissolvenze a nero, le riprese video delle situazioni in cui il regista di La montagna sacra, talvolta con l’aiuto di assistenti, ha messo in pratica il metodo. Capitoli di una medicina artistica irrazionale in progress che risponde al principio per cui “non si può insegnare all’inconscio di parlare il linguaggio della realtà. È la ragione, cui può essere insegnato a parlare il linguaggio del sogno”.
Le tipologie cliniche affrontate in Psicomagia – Un arte per guarire sono “la rivalità tra due fratelli per l’amore della madre”, “paura del buio”, “un uomo abusato dal padre e sul punto di suicidarsi”, “una coppia in crisi” e via guarendo.
Rimpastando in forma documentaristica la summa di un percorso nato dal progetto sui tarocchi, proseguito nei libri (“Psicomagia” e “Manuale pratico di psicomagia”) e nei film più recenti, l’artista cileno multidisciplinare dà forma visiva e antologica a idee già sperimentate, atte a riparare traumi familiari e limiti fisici ed emotivi più o meno distanti nel tempo: un trionfo di abbandoni ad abbracci ancestrali, stati simili alla trance, digitopressioni dal gesto spettacolare, interramenti, laceramenti di vesti, sacrifici di foto e oggetti simbolici, uso sacro del sangue, colorazioni della pelle, pianti liberatori, rinascite.
Non ci sono che due alternative, per chi guarda: o si rifiuta il gesto, ripensando magari al guaritore impostore di “Man On the Moon”, o ci abbandona all’abbraccio e ci si concede la possibilità che tali atti possano portare dei reali benefici, se non altro per le conferme dei soggetti intervistati. D’altra parte non esiste nemmeno un cast definit(iv)o, nei titoli di coda del film, se non un mosaico di nomi: l’operazione è collettiva, perché il film è stato prodotto in crowdfunding ma soprattutto perché nelle aspirazioni dell’autore da sempre è collettivo lo sforzo dell’umanità di emanciparsi da ogni tipo di vincolo e legame tossico.
In coda alcuni “extra” come la performance canora “Le destin du voyageur” di Arthur H (figlio d’arte di Jacques Higelin) un’azione di gruppo a Barcellona e le riprese della marcia dei teschi a Città del Messico nel 2011, atto di protesta contro le morti nella guerra della droga intonando “La llorona” di Chavela Vargas.
Autrice delle riprese è la compagna del regista, Pascale Montandon-Jodorowsky, mentre l’autore cerca di tenersi in disparte, pur citando, in testa ad ogni “azione”, sequenze significative di suoi film, da Il paese incantato a La danza della realtà e Poesia senza fine, con particolare riferimento a episodi autobiografici. In attesa di Voyage essentiel, l’annunciato capitolo che dovrebbe portare a compimento la trilogia. Per continuare a ridimensionare il potere del logos e a completarlo con quello dell’immaginazione. (Raffaella Giancristofaro, mymovies.it)