per Altre Visioni: Best of Buster (in collaborazione con Cineteca di Bologna)
sabato 3 dicembre ore 16.20
(Io e il ciclone, USA/1928)
Regia: Charles F. Reisner. Sceneggiatura: Carl Harbaugh. Fotografia: Dev Jennings, Bert Haines. Interpreti: Buster Keaton (Steamboat Bill, Jr.), Ernest Torrence (Steamboat Bill), Tom Lewis (Tom Carter), Tom McGuire (John James King), Marion Byron (Mary King). Produzione: Joseph M. Schenck per United Artists. Durata: 70’ (sette rulli).
Quando torna dopo molti anni nella natia cittadina fluviale del Sud, William, giovanottino gracile e azzimato, è una vera delusione per il padre, ruvido proprietario di un battello a vapore, anche perché il ragazzo si innamora della figlia del suo ricco rivale, che ha da poco comprato un grande e moderno battello. Ma sarà proprio William a salvare tutti dal tremendo ciclone abbattutosi sulla città.
Il film, nel suo complesso, appartiene ancora in pieno al grande ciclo dei capolavori di Keaton, e non è inferiore a nessun altro: anzi, è dei migliori. Basterebbe, alla bellezza e alla gloria di questo film, la ricostruzione ambientale, dove l’umile America provinciale, ritardataria, ottocentesca, è sentita così poeticamente: il vecchio vaporetto in opposizione al nuovo; il villaggio sul fiume; la bottega del barbiere e quella del merciaio; il posto di polizia. E la definizione dei personaggi principali, così perfettamente individuati.
(Mario Soldati, Maestri del cinema in Tv: Buster Keaton, Rai, Roma 1972)
“Il film, nel suo complesso, appartiene ancora in pieno al grande ciclo dei capolavori di Keaton. […] Basterebbe, alla bellezza e alla gloria di questo film, la ricostruzione ambientale, dove l’umile America provinciale, ritardataria, ottocentesca, è sentita così poeticamente: il vecchio vaporetto in opposizione al nuovo; il villaggio sul fiume; la bottega del barbiere e quella del merciaio; il posto di polizia. E la definizione dei personaggi principali, così perfettamente individuati” (Mario Soldati) [Per il crollo della facciata] chiesi loro di costruire l’ossatura dell’edificio e di fare in modo che le giunzioni fossero tutte solide e stabili. Era un edificio con un alto tetto a punta, così che la finestra sotto il tetto potesse avere dimensioni eccezionali. […] Costruimmo la finestra in modo tale che restasse libero uno spazio di cinque centimetri intorno alle spalle, sopra la testa e in corrispondenza dei talloni. Tracciammo i segni sul terreno e piantammo grossi chiodi nel punto in cui dovevano stare i miei talloni. Poi la casa fu rimessa in posizione mentre si finiva di costruirla. Tirarono su la facciata, la dipinsero e fecero il bordo dentellato in cui si staccava dall’edificio principale; poi entrammo e allestimmo gli interni così che si potesse vedere dentro la casa una volta che fosse caduta la facciata. Poi mettemmo in funzione le macchine del vento con i grandi motori Liberty. Adesso dovevamo riuscire a ottenere l’effetto vento in primo piano e sullo sfondo ed evitare che una corrente d’aria colpisse la facciata quando iniziava a crollare, perché se il vento l’avesse curvata non sarebbe caduta dove volevamo noi, e io mi trovavo proprio davanti. Era una scena da un solo ciak, e la ottenemmo così. Cose come questa non si fanno due volte.
(Buster Keaton intervistato da John Gillett e James Blue, 1965)