Regia di Thomas Cailley, con Adèle Exarchopoulos, Romain Duris, Paul Kircher, Nathalie Richard, Nicolas Avinée. Titolo originale: Le règne animal. Genere Avventura, – Francia, 2023, durata 130 minuti. Uscita cinema giovedì 14 marzo 2024 distribuito da I Wonder Pictures.
CANDIDATO A 12 PREMI CESAR 2024
Un’avventura tra un padre e il figlio, in un mondo in cui alcuni umani hanno iniziato a mutare in altre specie animali.
UN THRILLER SCI-FI AUTENTICAMENTE SELVAGGIO E SENSORIALE CHE ARRIVA DIRETTO NELLA SUA UMANITÀ.
Recensione di Simone Emiliani (mymovies.it)
venerdì 26 maggio 2023
François ha appena portato suo figlio Émile a una visita medica. Poi è bloccato nel traffico quando un furgone con a bordo delle misteriose creature, deraglia. Lì c’era anche la moglie di François che, come molti altri individui, ha cominciato a trasformarsi in animale. L’uomo e il ragazzo si mettono così alla sua ricerca e sono aiutati da una poliziotta. Nel frattempo anche in Émile appaiono i primi segni della mutazione.
Si chiama Paul Kircher, interpreta Émile, e il suo enorme talento si era già visto in Le lycéen. Anche nel film di Christophe Honoré c’era una scena in cui il ragazzo si trova in macchina con il padre. In quel caso si è trattato di uno degli ultimi momenti vissuti insieme prima della scomparsa dell’uomo. Qui invece è l’unico luogo dove i due protagonisti possono essere protetti dal pericolo che c’è fuori. Ma è anche dove trovano, anche se solo per un istante, un momento di coinvolgente condivisione come nella scena in cui urlano felici ascoltando una canzone.
È proprio l’affiatamento tra Kircher e Romain Duris uno dei punti di forza di The Animal Kingdom, che segna il ritorno alla regia di Thomas Cailley a nove anni del gran bell’esordio di The Fighters – Addestramento di vita.
Lì la protagonista, Madeleine (interpretata da Adèle Haenel), si stava preparando alla fine del mondo. Qui c’è sicuramente l’atmosfera di una fine imminente ma non ha le forme del cinema catastrofico. Ci sono invece due universi paralleli che si scontrano oppure dialogano tra di loro. Per questo Thomas Cailley guarda ma al tempo stesso cerca una strada differente nel genere.
Da una parte c’è la caccia delle creature che si sono trasformate da umani ad animali da parte delle autorità dove il diverso è visto come un pericolo e in cui il film potrebbe sottolineare, proprio da un punto di vista politico, la paura di ogni forma di integrazione. Dall’altra parte invece c’è la scoperta di un nuovo universo, un mondo parallelo che può convivere nel presente con quello reale come nello sguardo di James Cameron nei due Avatar. C’è infatti una scena, nel bosco di notte, in cui Émile cerca la propria immagine nell’acqua. Lì comprende la sua doppia natura ma anche una nuova libertà che esplode nel trascinante finale prima dell’epilogo.
Il film di Cailley si potrebbe dividere tra John Landis di Un lupo mannaro americano a Londra e Les revenants. Dal primo prende la progressiva trasformazione del corpo e sotto questo aspetto resta impressionante l’interpretazione di Kircher proprio perché mostra quelli che potrebbero essere i segni della mutazione (l’aggressione dell’uomo-animale e la cicatrice sul braccio) e dalla serie francese la possibilità che dietro ogni nuova identità possa esserci stata una vita precedente.
In più Cailley riesce a gestire l’incrocio del fantasy con il teen-movie senza forzare mai la mano come nel rapporto tra Émile e una sua coetanea, fatto da avvicinamenti e improvvise separazioni, di segreti nascosti ma anche di momenti drammatici quando il ragazzo non riesce più a controllare i segni della sua nuova natura durante una festa.
Si, anche lui è un alieno ancora di carne, come Edward Cullen/Robert Pattinson nella saga Twilight ma Cailley ha la capacità di far sentire anche il rumore dei suoi pensieri. A tratti fa fatica a mantenere l’intensità per tutta la durata, forse eccessiva e resta sacrificato il personaggio della poliziotta interpretato da Adèle Exarchopoulos rispetto al potenziale che poteva avere nella storia.
Ma certamente The Animal Kingdom è anche un film autenticamente selvaggio e sensoriale che conferma l’abilità del cineasta francese nell’esplorazione di un universo che cambia sotto i nostri occhi – forse metafora della pandemia – e lo fa attraverso un cinema che arriva diretto nella sua umanità.