mercoledì 1 ore 16.50 – 19.10 – 21.30
giovedì 2 e venerdì 3 ore 16.50 – 19.10 – 21.30
sabato 4 ore 17.30 – 20.00 – 22.30
domenica 5 ore 15.30 – 18.00 – 20.30
martedì 7 ore 16.50 – 19.10 – 21.30
mercoledì 8 ore 15.30 – 18.00 – 20.30
E’ STATA LA MANO DI DIO di Paolo Sorrentino, con Filippo Scotti, Biagio Manna, Renato Carpentieri, Luisa Ranieri, Teresa Saponangelo, Toni Servillo. Genere Drammatico – Italia, 2021, durata 130 minuti. Uscita cinema mercoledì 24 novembre 2021
Fabio è uno dei tre figli di Saverio e Maria, coppia della buona borghesia napoletana, circondata da vicini, parenti e amici che condividono allegria e problemi famigliari. Adolescente incerto sul futuro dopo un diploma di maturità classica ancora da conquistare, Fabio è intimidito dalle donne e innamorato della zia Patrizia, di grande sensualità e di inquietanti allucinazioni. Intorno a lui ruota un caleidoscopio domestico fatto di scherzi materni e stoccate paterne, di un fratello che sogna il cinema e una sorella che vive chiusa in bagno, più i tanti personaggi che costituiscono un teatro partenopeo da far invidia ad Eduardo. Ma questo universo protettivo ed esilarante è destinato a scomparire all’improvviso, creando un vuoto che, forse, potrà essere anche fonte di una nuova libertà creativa.
Per la prima metà del racconto È stata la mano di Dio è la ricostruzione pirotecnica di una napoletanità privilegiata e gaudente che si esprime attraverso il gioco (anche delle parti), in un Amarcord che cita Federico Fellini ma anche Sergio Leone e Roberto Rossellini, componendo il pantheon ideale della genesi artistica ed emotiva di Sorrentino autore. Nella seconda metà il regista spegne i fuochi d’artificio e lascia posto all’assenza, depura il suo cinema di ogni ingombro estetizzante per spogliarsi nudo davanti alla realtà della solitudine improvvisa, a tu per tu con quel mondo “deludente” per cui l’unico antidoto è l’immaginazione.
Sorrentino torna a bagnare i panni in quel mare che “non bagna Napoli” per ripescarvi le origini della sua vocazione e rendere omaggio a chi, prima ancora dei Maestri, ha arricchito il suo mondo interiore: un padre istrionico, una madre giocoliera, una zia alienata e provocante, uno zio in grado di interpretare come “la mano di Dio” l’intervento di quel Diego Armando Maradona capace di “atti politici”, come il celebre goal di mano contro l’Inghilterra, e di miracoli quotidiani, come quello di chiamare a sé – “in curva B, naturalmente” – il giovane Fabio, sottraendolo al destino tragico dei suoi genitori.
I virtuosismi registici sorrentiniani, che cominciano con il piano sequenza iniziale ripreso da altezze divine, lasciano il posto alla pochezza dell’esistenza minima di chi ha perso il Paradiso e cercherà di ricostruirlo attraverso la finzione dei set.
La fotografia di Daria D’Antonio, tanto “ingegnosa” da sintonizzarsi sulla temperatura emotiva di un regista che racconta la sua storia più intima, cattura la luce con un’empatia finora poco esplorata dal cinema di Sorrentino. Le scenografie di Carmine Guarino e i costumi di Mariano Tufano ricreano una Napoli anni Ottanta ricca di sogni e simboli borghesi in modo mai parodistico, e un cast di prim’attori popola la città partenopea usando corpo, dialetto e anima. Su tutti spiccano Teresa Saponangelo nel ruolo sfaccettato della madre di Fabio e la monumentale Betti Pedrazzi in quello della baronessa Focale.
Si ride, tanto, in questa storia di discendenti del Regno di Napoli, insieme a questa galleria di personaggi a volte grotteschi ma mai meno che umani. E Maradona è il nume tutelare ricorrente che manda segni da lontano, che fa ballare sui balconi un’intera città, che salva la vita e l’onore, che riesce a non essere mai deludente, almeno in quegli anni lontani. È stata la mano di Dio non è “consolatorio” ma prova a ricomporre le parti “disunite” di un regista che voleva fare il filosofo e invece si è trovato a raccontare, ancora e ancora, il rimpianto. (Paola Casella, mymovies.it)