venerdì 4 ore 19.30
sabato 5 ore ore 21.20
domenica 6 ore 16.30 – 18.30
mercoledì 9 ore 19.20
lunedì riposo settimanale
Regia di Leon Prudovsky, con David Hayman, Udo Kier, Olivia Silhavy, Kineret Peled, Jaime Correa – Israele, Polonia, Colombia, 2022, durata 96 minuti. Uscita cinema giovedì 3 novembre 2022 distribuito da I Wonder Pictures.
Nel 1960, il signor Polsky si ritrova a vivere in una casetta nella Colombia rurale. Originario della Polonia, l’uomo ormai anziano ha perso la famiglia nell’Olocausto e ora si concentra sul crescere le amate rose nere in giardino. Nell’abitazione di fianco alla sua però viene ad abitare il misterioso signor Herzog, che parla tedesco, vive da recluso e si serve di un avvocato per gestire le pratiche del trasloco. Infastidito dal nuovo vicino e dal suo cane Wolfie, il signor Polsky si convince a poco a poco che sotto la sua folta barba grigia si celi addirittura Adolf Hitler.
Scappare dall’Europa del dopoguerra dopo aver perso tutto a causa della persecuzione nazista, e ritrovarsi in Colombia in mezzo al nulla con Hitler come vicino di casa: è l’assurda premessa del film del regista polacco Leon Prudovsky, alle prese con una coproduzione internazionale variegata e una storia da far quadrare nonostante le discrepanze di tono.
La parte del leone la fa difatti una serie di sketch umoristici sul tema del cattivo vicinato, in cui il protagonista David Hayman (scozzese, ma che calca molto sull’inflessione est-europea) e l’icona ironica/autoironica di Udo Kier si danno battaglia tra rose, steccati, scacchi e una buona dose di vodka. Dietro ai battibecchi c’è però la dimensione più seria di un uomo ancora immerso nel trauma di una vita sradicata e una famiglia perduta, con la sofferenza del popolo ebreo in qualche modo incanalata negli sforzi di un uomo anziano determinato a “smascherare” un Hitler redivivo e fuggito dall’altra parte del mondo.
Tenerle in qualche modo in equilibrio è una missione temeraria dal punto di vista cinematografico, proibitiva anche per opere molto più complesse di questa, che cerca di stare alla larga da qualunque specificità (il Mossad reticente a credere alla scoperta di Polsky come un ufficio del catasto, le diciture generiche di “Est Europa” e “Sudamerica”, e un trattamento macchiettistico del contesto storico).
È un peso, a volte tendente all’imbarazzo, che Prudovsky non riesce a scrollarsi di dosso. Il suo tentativo più encomiabile è nel filone narrativo centrale in cui il protagonista in cerca di prove opera un “reverse engineering” della figura di Hitler a partire da ciò che trova sui libri, per poi confrontarlo con ciò che osserva del suo vicino mentre lo spia dalla finestra. Tratti fisici, abitudini, perfino le abitudini artistiche come pittore: cosa rende una persona veramente se stessa, e cosa ci rende autentici anche se fossimo tra le figure più studiate della storia?
Uno studio di umanità scomposta in fattoidi e mezze verità che diventa intrigante se messa di fronte al suo specchio dall’altra parte della staccionata, rappresentato dalla rabbiosa maniacalità di un uomo che aveva deciso di spegnersi per non soffrire e che ora deve riaccendersi per non dimenticare. (Tommaso Tocci, mymovies.it)