martedì 7 ore 17.10
mercoledì 8 ore 19.50
in collaborazione con Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Pianificatori della Provincia di Pistoia e Gruppo Fotoamatori Pistoiesi
Regia di Matteo Parisini, con Stefano Accorsi. Genere Documentario – Italia, 2022, durata 73 minuti
Ha un titolo davvero molto appropriato lo studio monografico, scritto e diretto da Matteo Parisini (Bologna, 1980) a partire dalla collaborazione dell’Archivio Ghirri e di alcune figure vicine al fotografo Luigi Ghirri: una sintesi elegante e documentata della sua opera, che vuole avvicinare e introdurre chi guarda ai principi estetici della sua attività artistica. Invece di affidarne l’interpretazione a una pletora di critici e conoscitori, il film si concentra su pochi, mirati interventi: tra gli amici, i pittori Franco Guerzoni e Davide Benati, il fotografo Franco Leone e gli storici della fotografia e dell’arte Paolo Barbaro e Arturo Carlo Quintavalle; tra i familiari, la sorella Roberta, la cognata Elena Borgonzoni, la figlia Ilaria.
Nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1943, Luigi Ghirri è diventato fotografo di fama internazionale dopo aver abbandonato, a metà anni settanta, il suo lavoro poco amato di progettista. Una formazione che ha lasciato in lui – nipote di pittore e da adolescente già alle prese con la fotografia amatoriale, curioso compulsatore dell’album di famiglia in pari modo dell’atlante geografico – decisive impronte sulla concezione di paesaggio e ambiente. Moltissimi dei suoi scatti saranno ambientati nella sua regione di provenienza, attorno al Po, che ha molto osservato, con sguardo pieno di attenzione e spirito d’avventura.
Scomparso nel 1992 a Roncocesi, frazione di Reggio Emilia, ha costruito un’iconografia che non esisteva e le ha conferito uno status di terra mitica, riconoscibile eppure dalle linee di fuga e dagli orizzonti illimitati.
Quella provincia emiliana che è “un luogo per antonomasia, dove si incontrano odio e amore, il tutto e il nulla, la noia e l’eccitazione”, come scrive lo stesso Ghirri, che ha accompagnato la creazione di immagini a una riflessione costante sul vedere.
Meccanismo che il film di Parisini puntualmente recupera e replica, attraverso la voce fuori campo di Stefano Accorsi. La provincia fatta di ruderi abbandonati, argini del fiume, campi arati, pioppeti, incroci deserti e bar ai margini della via Emilia; ma anche il teatro di inaspettate, sorprendenti creazioni, come la villa Pirondini di Rio Saliceto, laboratorio creativo e immagine di copertina di “Epica Etica Etnica Pathos” dei CCCP, come ricorda un partecipe Massimo Zamboni.
In puro spirito pragmatico emiliano, Infinito è un saggio, poco accademico e molto solido, di teoria del vedere, che invita senza enfasi celebrativa alla scoperta di Ghirri. Con l’eleganza e la misura che emana dalle sue immagini geometriche, ellittiche, dolci ed essenziali, la cui canonica successione, fotografata da Luca Nervegna (The Challenge, Suburra, Il legionario) è rivestita ed esaltata dalla colonna sonora, per xilofono e fiati, e soprattutto dal sound design evanescente di Simonluca Laitempergher (Il varco): voci umane, rumori di fondo, echi animali “animano” le foto, in una sinfonia incantevole.
Rendendo omaggio a un esploratore di paesaggi naturali e umani, Infinito invita a praticare e amplificare l’attenzione, a non (auto)limitare lo sguardo, non porsi confini. Suggestione reiterata dall’immagine che si intesta il film, in cui la parola infinito taglia in orizzontale il prato di un parco, tra figure umane. Architetture e simmetrie di cui Ghirri ha fatto poesia, pescando da ogni esperienza, e in cui l’occhio ritrova l’armonia del mondo. (Raffaella Giancristofaro, mumovies.it)