venerdì 20: ore 17.00 – 19.10
sabato 21: ore 21.20
domenica 22: ore 18.20 – 20.40
lunedì 23: ore 17.00
martedì 24: ore 19.10
mercoledì 25: ore 19.10 – 21.20
Regia di Daniel Auteuil, con Daniel Auteuil, Grégory Gadebois, Sidse Babett Knudsen, Alice Belaïdi, Suliane Brahim. Titolo originale: Le fil. Genere Drammatico, – Francia, 2024, durata 115 minuti. Uscita cinema giovedì 19 settembre 2024 distribuito da Bim Distribuzione.
Auteuil sceglie con orgoglio uno stile vecchia scuola innestandosi nella tradizione della narrazione processuale.
Recensione di Tommaso Tocci (mymovies.it)
mercoledì 22 maggio 2024
Jean Monier è un avvocato di lungo corso, ma scottato dall’esperienza con l’ultimo cliente che ha difeso. Dopo qualche anno di assenza dai tribunali, per fare un favore alla moglie-collega, si trova a rappresentare un padre di famiglia in stato di fermo e accusato di aver ucciso la consorte. Sarà l’inizio di un caso che durerà anni, arrivando fino al processo, e che vedrà Jean approfondire il legame con Nicolas, uomo mite che giura di essere innocente e di non aver mai voluto fare del male a sua moglie.
Tanto prolifico e apprezzato come volto attoriale, Daniel Auteuil è spesso meno riconosciuto nella sua carriera di regista, nonostante con Le fil arrivi al quinto film dietro la macchina da presa e lavorando sempre anche alle sceneggiature.
Sarà perché i primi tre erano così legati agli adattamenti della produzione teatrale di Marcel Pagnol, ma ora Auteuil cerca qualcosa di diverso; guarda infatti alla cronaca giudiziaria, traducendo per il grande schermo una delle storie vere pubblicate dall’avvocato Jean-Yves Moyart.
Il cambiamento più forte è nello spostare l’ambientazione dal nord della Francia al sud che Auteuil conosce bene, essendoci cresciuto. Un sud atipico, tra le paludi e i tori della Camarga, attraverso cui il regista “si appropria” di questa storia che confina con il polar, tutta vissuta dal punto di vista dell’avvocato protagonista, e incentrata sul rapporto tra l’imputato e il suo rappresentante.
Rapporto fatto di fiducia e confidenza, perfino di affetto, ma che può muoversi esclusivamente entro i limiti della sincerità reciproca. Da regista concreto e pragmatico nel ritagliarsi un ruolo ricco – di ascolto, reazione, oratoria – Auteuil sceglie poi un volto intrigante con cui dialogare: quello di Grégory Gadebois, prolifico caratterista bravo a incarnare la mite indecifrabilità di Nicolas.
Il suo è il ruolo chiave in un’opera che fin dal titolo gioca con la percepita linearità della vicenda e con le aspettative del pubblico. La sfida è rendere particolare un caso che all’apparenza sembra generico, con l’orgoglio di uno stile certamente “vecchia scuola” e dotato di solida caparbietà.
Risultato raggiunto, che diventa ancor più interessante per come si posiziona in un’era di boom del genere “true crime” e soprattutto innestandosi in una rigogliosa tradizione francese della narrazione processuale.
Un fenomeno che va ben al di là del cinema, e che per limitarsi al grande schermo ha prodotto negli ultimi anni titoli come Saint Omer, Anatomia di una caduta e Il processo Goldman. Se quei film facevano dell’aula di tribunale un campo di ricerca per l’eccezionalità più ambigua, Auteuil risponde con l’idea che è nella dimensione del normale che si trova l’oscurità più spaventosa.