martedì 2 ore 17.10
mercoledì 3 ore 21.20
venerdì 5 ore ore 17.20
sabato 6 ore 18.3
domenica 7 ore 16.20
lunedì 8 ore 19.20
GIOVEDI’ RIPOSO SETTIMANALE
Regia di François Ozon, con Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon. Cast completo Genere Drammatico, – Francia, 2023, durata 102 minuti. Uscita cinema giovedì 30 marzo 2023 distribuito da Bim Distribuzione
UNO SMAGLIANTE MANIFESTO FEMMINISTA, PIÙ SOVVERSIVO DI QUANTO LE SUE ‘BUONE MANIERE’ LASCINO INTENDERE (di Marzia Gandolfi, mymovies.it)
Parigi, 1935. Madeleine Verdier, aspirante attrice convocata da un celebre produttore per un ruolo e poi aggredita, è accusata a torto del suo omicidio. Con la complicità di Pauline Mauléon, avvocato senza clienti che si incarica della sua difesa, si assume il crimine e accede alla gloria denunciando la misoginia della società e l’incompetenza della giustizia. Il tribunale diventa ‘teatro’ della sua performance. L’ingiustizia subita commuove l’opinione pubblico, il successo è immediato. Per Madeleine comincia una nuova vita, gli ingaggi piovono coi fiori e le proposte di matrimonio ma la vera colpevole bussa alla porta e reclama la sua parte…
Procedendo al ritmo di un film all’anno, François Ozon non smette di girare e di concimare i generi.
Soltanto ieri firmava Peter von Kant, evocazione impertinente del suo idolo, Rainer Werner Fassbinder, e otto mesi più tardi è di ritorno con una commedia che riconfigura il presente col sorriso aperto e la giusta dose di insolenza. Perché quella che avrebbe potuto essere una screwball comedy nostalgica dispiega, al contrario, una vitalità organica che ‘suona’ le note moderne delle protagoniste.
Con 8 donne e un mistero e Potiche – La bella statuina, Mon Crime – La colpevole sono io forma una sorta di trilogia ideale, inscrivendosi nella vena più popolare e leggera dell’autore. Un trittico scintillante che condivide lo stesso DNA e gli artifici della rappresentazione scenica, perché il teatro resta la sorgente d’ispirazione maggiore per Ozon, come se la teatralità gli permettesse di celebrare meglio il cinema. Ma Mon Crime è altrettanto ossessionato dalla storia del cinema e ritrova lo spirito delle commedie sofisticate dell’età dell’oro hollywoodiana. Una stagione glamour, sublimata tra gli altri da Ernst Lubitsch e Howard Hawks, dove i personaggi si affrontano a colpi di repliche e le donne portano volentieri i pantaloni.
Dopo aver ‘cantato’ la misoginia negli anni Cinquanta, con un vaudeville smisurato e barocco (8 donne e un mistero), dopo aver dato una lezione di femminismo sullo sfondo degli anni Settanta (Potiche), con una commedia ludica dai colori vintage, ribadisce la gioia insurrezionale di ‘eliminare’ la figura maschile abusante, o caricaturalmente maschile e arrogante, che nutre il suo cinema dagli esordi (Sitcom).
Comme d’habitude, Ozon va oltre il testo che lo ispira. Mentre le nostre eroine ‘prendono la parola’ (e la pistola), il film allude a una possibile deriva del potere femminile. Se in Potiche era l’avvento della ‘supermamma’, in Mon Crime è la possibilità di raggiungere un fine personale. Il femminismo ostentato non manca di ambiguità, l’emancipazione e la scalata sociale delle protagoniste passano di fatto per le bugie e la manipolazione. Perfidia intrigante di un film che dietro il divertissement e i virtuosismi verbali si rivela più sovversivo di quanto le sue ‘buone maniere’ lascino intendere.
La pièce de boulevard di Georges Berr e Louis Verneuil, scritta nel 1934 e aggiornata al 2023, ‘difende’ la necessità della violenza, qui estrema (l’omicidio come unico mezzo per proteggersi dagli uomini), e la riconquista del potere delle donne attraverso l’esercizio di questa violenza. L’aula di tribunale è un laboratorio di sperimentazione performativa per le protagoniste e per le loro interpreti che praticano la sorellanza e si divertono ad abbattere gli uomini e l’immagine che gli uomini hanno di loro.
Ma ancora più bella è la maniera generosa di Ozon di invitare due attrici in divenire, e tra le più promettenti della loro generazione, nello star system francese. Intorno a Nadia Tereszkiewicz (Forever Young), che incarna la ‘deliziosa’ colpevole che il pubblico, da convenzione, ama odiare, e Rebecca Marder (Une jeune fille qui va bien), novizia del foro che farà di lei un’icona femminista, ruotano come satelliti Fabrice Luchini, giudice conservatore che ha fretta di archiviare l’omicidio invece di chiarirlo, Dany Boon, affarista provenzale con accento di Marsiglia e baffo malandrino, e Isabelle Huppert, attrice del muto lanciata a pieno regime contro il privilegio maschile dominante.
In questo gioco di ruoli, di inganni e di massacro, la tentazione di mettere in competizione gli interpreti è grande ma è più appropriato constatare l’inarrestabile effetto comico che producono insieme generando un miracolo: la verità dietro tanto trucco.
Ancora una volta, Ozon fissa un punto di incontro tra un’attrice (senza tempo) e il suo personaggio. In Potiche Catherine Deneuve, star del passato che non smette di investire sul presente, è una creatura del futuro anteriore che modificherà la mentalità e la percezione delle donne in una società ancora patriarcale. In Mon Crime, Isabelle Huppert, che sullo schermo sembra ringiovanire con gli anni, incarna un’attrice obsoleta che pretende di rivalizzare con due giovani primizie. Anche questo fa di Mon Crime uno smagliante (e divertito) manifesto femminista.