venerdì 7: ore 19.20
sabato 8: ore 18.30
domenica 9: ore 18.30
martedì 11: ore 21.20
Regia di Delphine Coulin, Muriel Coulin, con Vincent Lindon, Sophie Guillemin, Benjamin Voisin, Denis Simonetta, Hugo Bariller. Titolo originale: Jouer avec le feu. Titolo internazionale: The Quiet Son. Genere Drammatico, – Belgio, Francia, 2024, durata 110 minuti. Uscita cinema giovedì 27 febbraio 2025 distribuito da I Wonder Pictures.
COPPA VOLPI PER IL MIGLIOR INTERPRETE MASCHILE A VIINCENT LINDON AL FESTIVAL DI VENEZIA 2024
Un’opera attuale sulla difficoltà, o addirittura impossibilità, di un dialogo. Vincent Lindon sempre una garanzia.
Recensione di Giancarlo Zappoli (mymovies.it)
mercoledì 4 settembre 2024
Pierre è un ferroviere cinquantenne che sta crescendo da solo, dopo la morte della moglie, i due figli. Louis, il minore, ha finito gli studi superiori e può lasciare Villerupt per studiare nella non economica Parigi. L’altro, Fus, gioca a calcio, ha una competenza da metalmeccanico e si sta pericolosamente avvicinando a gruppi di estrema destra dei quali condivide le idee e le modalità di azione. Pierre ha tutt’altri ideali e si trova in difficoltà a gestire il rapporto con il figlio.
Delphine e Muriel Coulin scrivono e dirigono un film in cui il femminile è solo apparentemente assente.
Non c’ è un solo personaggio femminile che abbia rilievo in questo film. Questo vale da un punto di vista relativo alle presenze. Perché invece c’è un’assenza che pesa sul nucleo familiare. È quella di una moglie/madre scomparsa prematuramente lasciando tre figure maschili (due delle quali in crescita) a convivere e a confrontarsi.
C’è un elemento che assume valore simbolico in un film in cui il protagonista viene mostrato più volte al lavoro. In particolare in un’immagine in cui avanza, con torcia in mano, di notte, sui binari dell’area ferroviaria presso cui è impiegato. Il buio ideologico che sta progressivamente avvolgendo Fus potrebbe essere vinto dalla fiamma degli ideali che il padre ha sempre sostenuto (anche se ora non è più in prima linea) offrendo ai propri figli dei binari che credeva potessero impedire deragliamenti. Non è andata così ed ora Pierre si trova a dover gestire la relazione con un figlio che continua ad amare ma del quale respinge amicizie e comportamenti.
Vincent Lindon (un nome che costituisce una garanzia di serietà di scelte nel cinema francese) dà al suo personaggio tutte le caratteristiche di un padre che scopre di essere impotente dinanzi a sirene ideologiche e a slogan di facile presa che aprono tra Pierre e Fus varchi sempre più incolmabili.
È un film sulla difficoltà, quando non è addirittura impossibilità, di un dialogo che vede entrare, nella naturale dinamica della necessità di distacco dalle figure parentali propria dell’adolescenza, il veleno di un’ideologizzazione pervasiva che vede l’altro non come avversario con cui dibattere ma piuttosto come nemico da sconfiggere. Anche quando si tratta del proprio genitore al quale non si è smesso, seppure in modo estremamente confuso, di voler bene.
In questo contesto la figura di Louis, il fratello minore, avrebbe potuto risultare di semplice contorno. Invece viene cesellata con cura mostrando al contempo vicinanze e distanze, sia con il fratello che con il padre, a cui è difficile offrire sempre una conciliazione.
Si tratta di un’ulteriore riprova della capacità del cinema d’Oltralpe di affrontare, con partecipazione non disgiunta da verosimiglianza, tematiche sociali di stretta attualità senza trasformarle in pamphlet o in melodrammi a tinte fosche.