Regia di Mike Leigh. Un film con Rory Kinnear, Maxine Peake, Pearce Quigley, David Moorst, Rachel Finnegan. Titolo originale: Peterloo. Genere Drammatico – Gran Bretagna, 2018, durata 154 minuti
Il giovane trombettiere Joseph sopravvive miracolosamente alla sanguinosa battaglia di Waterloo e torna a casa, a Manchester, dalla sua famiglia di umili operai. Ma un’altra battaglia si prepara da quelle parti: quella del popolo inglese del dopoguerra, ridotto alla fame dalla disoccupazione e dalla tassa sull’importazione del grano e trattato con a ferocia e ingiustizia da una magistratura ecclesiastica arrogante e violenta. Giovani radicali e meno giovani riformisti moderati prendono a riunire folle sempre più numerose, pronte a domandare in piazza il diritto di voto che la Costituzione prevede per loro. Il governo di Londra, informato dei fatti, si prepara invece a difendere i propri privilegi, affilando le armi.
Mike Leigh drammatizza gli eventi che precedettero e si consumarono durante il cosiddetto “massacro di Peterloo”, quando, il 16 agosto 1819, più di sessantamila persone da tutto il circondario si riunirono pacificamente in St Peter’s Field e vennero brutalmente travolte dalla cavalleria dell’esercito, finendo uccise o ferite.
Forte del budget più consistente di cui abbia mai disposto e dell’esperienza nel campo del film d’epoca accumulata con il biopic su Turner, inscena un affresco storico e sociale in cui la dimensione epica non è mai afflato superficiale ma affonda nel fango delle strade, nella precisione degli interni domestici, dei gesti della fabbrica, del legno grezzo dei bicchieri di cui pare di percepire il peso e dell’erba alta delle campagne di cui ci fa sentire l’odore. Un livello di avvicinamento all’oggetto del racconto che talvolta, quando sotto la lente ci sono le figure umane, sfora nel grottesco, richiamando certe espressioni artistiche di propaganda rivoluzionaria.
Ma naturalmente, Peterloo parla anche al presente, in più di un modo. È il ricordo del lungo e sacrificale cammino che ha portato alla democrazia contemporanea, alle libertà e ai diritti civili che tutela, ma è anche impossibile non leggere, tra le immagini di piazza di quell’estate di due secoli esatti fa, eventi assolutamente più recenti: ragazzi, ragazze, signore, giornalisti, tutti disarmati, presi a spintoni e bastonate, impossibilitati a mettersi in salvo per il blocco delle vie di fuga.
“Qualcosa cambierà e qualcosa rimarrà sempre uguale” afferma il vecchio padre di Joseph, tentando di immaginare il futuro, alla vigilia della grande manifestazione. E infatti qualcosa permane: oggi come allora una patata scagliata per protesta contro la carrozza del potere ci mette un attimo a diventare, nel passaparola popolare quanto in quello ufficiale, una pietra, poi due proiettili, financo una cannonata. E Leigh dedica una grande parte del film all’arte della parola e alle sue degenerazioni, non solo per distinguere i danni dei discorsi non verificati dalla missione del buon giornalismo (“Dovremo raccontare i fatti di oggi nei minimi dettagli”, dice il cronista londinese ad un collega, sui resti della carneficina, ed è possibile che il regista abbia obbedito alla stessa dichiarazione d’intenti), ma anche e soprattutto confrontando l’oratoria dei radicali con la retorica dei rappresentanti del regime.
Entrambi le parti, all’epoca, necessitavano del ricorso ad un’esposizione orale per immagini quanto più vivida e ardita possibile, ma erano i loro scopi a differire. Il cinema mentale dei potenti dell’ancient régime era compiaciuto e feroce, formale e aggressivo. Quello degli oratori del popolo poteva apparire esagerato, ma serviva a far sognare un modo più giusto. (Marianna Cappi, mymovies.it)