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Tiziano Terzani: il viaggio della vita

18 Settembre , 2023

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Movie Story

venerdì 22 ore 17.15
sabato 23 ore 17.00
domenica 24 ore 16.15
lunedì 25 ore 19.15
martedì 26 ore 21.20
mercoledì 27 ore 17.00

Regia di Mario Zanot, con Tiziano Terzani, Monica Guerritore. Genere Documentario, – Italia, 2023, durata 58 minuti. Uscita cinema lunedì 11 settembre 2023 distribuito da Wanted.

L’inconfondibile voce di Tiziano Terzani ripercorre le tappe più significative della sua vita, intrecciando la sfera privata e gli avvenimenti storici di cui è stato testimone.

Tiziano Terzani ci racconta una vita intera, dall’alto dei suoi sessantasei anni, dei 1.600 metri di Almora e degli 800 di Orsigna – la prima ai piedi dell’Himalaya che l’ha visto rimettersi in equilibrio con il mondo e la seconda nelle valli della montagna pistoiese da dove l’ha lasciato, questo mondo. La fine e il suo inizio. Da quando lo zio raccoglieva gli escrementi dei cavalli che tiravano il tram a Firenze agli ashram dove chi merita di studiare si eleva, dal fondamentale lavoro alla Olivetti che trainava un pezzo d’Italia al Giappone di fine anni ’80 che lo fa ammalare di depressione. E in mezzo il Vietnam, la Cambogia, la Cina, Hong Kong, Singapore. La guerra, il socialismo, la rivoluzione, il capitalismo. La fine e il suo inizio, la fine è il suo inizio.

Giornalista, inviato di guerra, commentatore, scrittore: Tiziano Terzani è stato tanto, e alla fine è tornato ad essere soltanto un uomo.

Il mal d’Asia esiste. E, per citare, Franco Cardini, ognuno lo costruisce a sua immagine, somiglianza e sfruttamento: gli inglesi e la corona indiana, gli spagnoli e il califfato della mezzaluna, i portoghesi e la Malacca dello stretto. Di questo Grande Gioco che andava da Hormuz a Canton in Italia si è sempre avvertito poco, e quel poco è essenzialmente addossato sulle spalle di due figure, con 700 anni a dividerli e gli stessi sentieri a unirli – Marco Polo e Tiziano Terzani. Il racconto che il veneziano dettò al pisano si è trasformato nel viaggio febbrile di un fiorentino, nato nel ’38 da padre meccanico e madre cappellaia, laureato in giurisprudenza alla Normale, che dopo il lavoro alla Olivetti si licenzia e va in giro per l’Europa a trovare qualcuno che lo facesse scrivere del luogo e delle cose che più gli interessavano – l’Asia e quello che stava accadendo a quelle latitudini.

È una storia del secolo scorso, quella di Tiziano Terzani. Già, perché non c’è niente di più novecentesco di un uomo che sente il richiamo dei grandi esploratori di un’epoca appena precedente la sua e si affretta a seguirne le orme, e lo fa in un continente in cui sta avvampando la fiamma del socialismo e il miraggio di una società più giusta animata da un uomo nuovo sembra diventare realtà. Così Terzani si inoltra e scrive, conosce e fotografa, partecipa e vive. Non c’è punto focale degli eventi o periodo storico cruciale o luogo di passaggio determinante che Terzani non abbia attraversato: a Saigon nel ’75 era lì, e subito dopo in Cambogia era lì, come sarà in Cina durante la “Riforma e apertura” di Deng Xiaoping, in Giappone negli anni che precedono la scalata globale, nell’India dei ’90 e via ricordando.
Ricordando. È quello che fa Terzani negli ultimi anni della sua vita, quelli dopo il crudele annuncio della sua malattia. Ricorda, ripensa, rivaluta tutti i suoi sentieri per trovare la direzione dell’unica via, quella che unisce e raccorda tutte le altre – la via della fine. Ed è questo che fa in Tiziano Terzani: il viaggio della vita, documentario di un’ora firmato da Mario Zanot. Zanot conosce bene la materia-Terzani (nel maggio 2004 è lui a fargli l’ultima intervista prima della morte, poi confluita nel progetto più ampio Anam il Senzanome) e si muove di conseguenza: attingendo a piene mani dal suo lavoro da direttore degli effetti visivi – basti riportare il percorso ventennale con la sua casa di produzione Storyteller, che ha firmato lavori di Tornatore, Moretti, Gipi e nel 2013 ha vinto il David per i Migliori Effetti Visivi con Diaz – Don’t Clean Up This Blood -, mette da una parte in ordine lo sterminato materiale a disposizione su Terzani, e dall’altra lo squaderna con animazioni, illustrazioni, motion caption.

Le registrazioni fatte dal figlio di Terzani, Folco, i Super 8 di famiglia, le migliaia di fotografie dell’archivio personale – ora è tutto conservato, compresa la biblioteca personale, presso la Fondazione Cini di Venezia -, trovano profondità e sequenzialità nel lavoro grafico di Zanot, donando al documentario una scorrevolezza e leggerezza interna che evita le statuarie teste parlanti o le geroglifiche scritte. Le parole di Terzani, bardato nei suoi immacolati abiti bianchi mentre respira l’India o la Toscana, sembrano gonfiare ogni sequenza, ricordandoci quanta forza retorica e vitale aveva una figura-totem come lui. Ed è proprio questo il limite maggiore del lavoro di Zanot, il limitarsi a ricalcare i contorni di una vicenda e di un personaggio difficilmente capaci di essere incuneati.
Certo, le ossessioni di Terzani ci sono tutte, dal fremito che lo ha spinto sempre lontano dalla moglie e i figli alla delusione cieca per il naufragio del progetto socialista, dalle inquietudini trasformate in depressione al tentativo finale di riappacificarsi con tutto e tutti. Ma il graffio, lo spasmo, il vuoto sembrano diluiti e anestetizzati, forse per il troppo schiacciarsi addosso all’idea-Terzani, al simbolo-Terzani degli ultimi anni, tirato per il candido bavero della mistica pubblicistica su guru, new age e oshismi vari. Allora più che questo Tiziano Terzani: il viaggio della vita, più che il manuale sul comodino, tocca tornare ad Anam il Senzanome, taccuino visivo riempito con gli ultimi sguardi e gli ultimi fiati, per vedere e respirare ancora una volta il mal d’Asia. (Luigi Coluccio, mymovies.it)