lunedì 16 ore 21.20
martedì 17 ore 19.20 in v. or. sott. it.
mercoledì 18 ore 17.10
VERSIONE RESTAURATA
di Krzysztof Kieslowski, con Emmanuelle Riva, Juliette Binoche, Benoit Regent, Yann Trégouët, Florence Pernel. Titolo originale: Trois couleurs: Bleu. Genere Drammatico, – Francia, Polonia, 1993, durata 95 minuti. Uscita cinema lunedì 11 settembre 2023 distribuito da Lucky Red.
In un incidente d’auto Julie perde il marito, famoso compositore, e la sua bambina. Distrutta dal dolore, come farà a riprendere in mano la vita?
LEONE D’ORO e COPPA VOLPI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE FEMMINILE A JULIETTE BINOCHE ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 1993.
In seguito a un terribile incidente d’auto Julie perde il marito Patrice, compositore musicale di fama internazionale, e la figlia Anna di sette anni. Dopo aver tentato il suicidio, l’elaborazione del dolore porta Julie a concedersi sessualmente al collega di Patrice, Olivier, da sempre innamorato di lei. Ma i sensi di colpa e la disperazione hanno la meglio e Julie si ritira nel solitario anonimato in un quartiere periferico di Parigi. Sarà una rivelazione sconvolgente a infonderle il coraggio per ricominciare a vivere e ad accettare il destino.
Film blu è il primo capitolo di una trilogia, Tre colori, dedicata da Krzysztof Kieslowski alla bandiera francese e al suo triplice significato, legato ai valori della Rivoluzione di Libertà, Uguaglianza e Fraternità.
Il blu rappresenta la libertà, e il regista polacco sceglie il più traumatico degli eventi per approfondire l’ambivalenza del termine. Julie è sì libera di ricominciare a vivere, come lo è di rinunciarci. La tragedia occorsa squassa la sua esistenza e ne riordina forzatamente le priorità, sotto ogni punto di vista. Intorno a lei i suoi cari piangono ed esternano commozione, dove Julie ingaggia un muto conflitto autodistruttivo con sè stessa e con i suoi pensieri, pervasi dal senso di colpa e incapaci di afferrare il senso di quanto accaduto.
Nel cinema di Kieslowski, da Il decalogo fino alla trilogia che ne chiuderà la carriera, caso e destino recitano un ruolo fondamentale e il regista continua a studiarne le implicazioni, tanto sul piano religioso e cattolico – interrogandosi sull’oscuro disegno della Provvidenza – quanto su quello laico, qui incarnato dagli ideali della Rivoluzione francese. A riportare Julie alla vita saranno tre elementi che oscillano tra profano e sacro: la lussuria (rappresentata dalla vicina del piano di sotto), l’amore puro (il sentimento disinteressato e discreto di Olivier) e una annunciazione (la donna incinta). Ma la riflessione metafisica si accompagna sempre a quella privata e terrena, che Kieslowski studia attraverso l’elaborazione di un trauma ricco di elementi simbolici e riflessivi.
Benché un’inquadratura chiarisca la natura meccanica del guasto che determina l’incidente mortale, in un certo senso l’artista, condotto al limite delle propria capacità, si stava già consumando, avvicinandosi inesorabilmente alla morte. Lo capiamo scoprendo sempre più informazioni sulla sinfonia a cui Patrice stava lavorando: Concerto per l’unificazione dell’Europa, un’opera ambiziosa e altisonante per dodici elementi, uno per ogni paese dell’Unione Europea di allora (il 1993). È chiaro il parallelismo tra quest’opera sul piano diegetico e quella che la contiene, ovvero la stessa trilogia, e quindi come Kieslowski stia giocando con se stesso, sovrapponendosi al personaggio maschile, come farà in tutti e tre i capitoli di Tre colori. La sorte di Patrice è una delle sorti possibili di Kieslowski, o forse un suo incubo ricorrente?
Discernere tra piano allegorico e piano narrativo è difficile, se non impossibile, nel cinema del regista polacco e Film blu è in questo senso esemplare, per la sua capacità di trasformarsi dallo stile asciutto, deprivato di emotività, della prima parte alla magniloquenza di un epilogo ai limiti del kitsch, che lavora – volutamente – per mezzo di immagini e accostamenti eclatanti e di sicuro impatto. Sembrano due stili diversi, due linguaggi che non possono comunicare, ma nel disegno di Kieslowski questo ossimoro assume un preciso significato.
L’impossibilità di leggere univocamente quel che accade nella realtà conduce a interpretazioni conflittuali, laiche o religiose, di fatalismo o predeterminazione. Non esistono interpretazioni univoche, solo percorsi personali di elaborazione di una verità. Ad unire i segmenti eterogenei del film è la dominante cromatica: il blu, ovviamente, presente in confezioni di caramelle, sui lampadari e in piscina. Il blu che perseguita Julie, ricordandole i feticci di un’esistenza brutalmente stroncata, e che accompagna la mancanza di calore della sua nuova vita, emotivamente raggelata. Straordinario il lavoro di sottrazione di Juliette Binoche (insignita della Coppa Volpi), un involucro svuotato di ogni emozione, pedinato e scrutato da una macchina da presa che ne asseconda gli sbalzi umorali anche sul piano stilistico.
L’incipit è infatti caratterizzato da primissimi piani, spesso in grandangolo, e da soggettive dal letto di ospedale, che sottolineano la sensazione di straniamento di Julie, sola e incomprensibilmente viva. Di contro, nel finale, la regia si fa più partecipe e avvolgente, cercando di ricollocare Julie nel mondo e di testimoniare la sua accettazione di una nuova realtà. Leone d’oro ex aequo alla Mostra di Venezia. (Emanuele Sacchi, mymovies.it)