venerdì 1 ore 17.20 – 19.20 – 21.20
sabato 2 ore 17.20 – 19.20 – 21.20
domenica 3 ore 16.30 – 18.30 – 20.30 (alle ore 20.30 in vers. orig. sott.)
martedì 5 ore 17.20
mercoledì 6 ore 19.20 – 21.20
Regia di Stéphane Brizé, con Vincent Lindon, Sandrine Kiberlain, Anthony Bajon, Marie Drucker. Titolo originale: Un autre monde. Genere Drammatico, – Francia, 2021, durata 96 minuti
Philippe Lemesle dirige nella provincia francese un’azienda di elettrodomestici appartenente a un gruppo internazionale. Per far fronte alla concorrenza, all’ennesima crisi e alle esigenze dei suoi superiori, che vorrebbero sul tavolo un piano di licenziamento impossibile da attuare, manda a rotoli la sua vita. La moglie, trascurata, vuole il divorzio, il figlio, ossessivo compulsivo, ha bisogno di cure psichiatriche. Tirato da ogni parte, Philippe non sa più come soddisfare gli affetti e assolvere i doveri. Tra incudine e martello, dovrà decidere se eseguire il piano di mobilità o trovare una maniera di aggirare l’obbligo. Dovrà decidere se adeguarsi o fare la differenza.
C’è una storia vecchia come l’ineguaglianza, quella dell’uomo comune costretto a lottare contro un potere più grande di lui.
Di nuovo in guerra, di nuovo al fianco di Vincent Lindon, questa volta accomodato alla scrivania e dall’altra parte della barricata, Stéphane Brizé evoca il reale con la potenza drammaturgica del cinema. Lo sguardo generico dell’informazione sui lavoratori si trasforma nei suoi film in interesse per gli individui e per le loro ragioni.
Sindacalista ieri, dirigente oggi, Vincent Lindon deve trovare il modo di spiegare ai suoi dipendenti la legge del mercato e ai suoi superiori la paura legittima dei lavoratori, perché è il loro avvenire a essere in gioco. Avvenire ridotto alle sue componenti più elementari: dove vivranno, di cosa vivranno, come alleveranno i loro bambini… Fuori dall’azienda intanto il mondo, il suo, sta implodendo. Philippe Lemesle prova a tenere tutto insieme, prova soprattutto a usare una lingua più umana contro il linguaggio del fatalismo e della matematica. Ma non basta. Attaccato dai suoi collaboratori, che chiedono a gran voce la sua protezione, e minacciato dai suoi superiori, che esigono subito dei risultati, si ritrova solo e al centro di una lotta impari. Le truppe intanto si dispongono intorno a lui per le grandi manovre: offensiva o controffensiva che sia.
Non ha l’aria di un dibattito Un autre monde ma di una guerra. Piantato in una terra di nessuno senza più parole e senso dell’altro, il personaggio di Vincent Lindon incarna una crisi intima e mette in evidenza le ferite che provoca la logica del capitalismo, le cicatrici che lascia, anche sull’avversario.
Sempre in scena, sempre incollato alla scrivania, il protagonista non riesce a uscire dallo spazio confinato che ha creato il conflitto sociale. Sull’altare dell’azienda ha sacrificato tutto quello che gli era più caro e adesso non ha modo di fuggire lo scacco, deve incassare lo choc e attenersi ai suoi obiettivi. Sul corpo di Lindon, che ama abitare le storie rivelatrici di una realtà sociale, pesa un’altra volta la legge del mercato. Chiuso dentro l’ufficio e il sistema, il protagonista non riesce più a ritagliarsi margini di libertà. L’intimo è divorato tutto intero dal mercato.
Tuttavia, se le opere precedenti mostravano che non viviamo affatto in un mondo ideale, il nuovo film di Brizé dimostra che un altro mondo è possibile. Philippe Lemesle, integrato nel sistema, riafferma dentro al sistema la sua singolarità. Certo l’autore mette in difficoltà il suo protagonista, che parla poco e ascolta tanto. Possiamo sentire il problema di coscienza che lo rode e che il ruolo di leader gli impone. Perché il capitalismo spreme anche la dirigenza come limone.
Dopo la violenza inflitta ai poveri dentro un supermercato (La legge del mercato) e dopo quella fatta ai dipendenti (In guerra), Brizé esce dalla dialettica capi crudeli e lavoratori gentili per indagare qualcosa di più grande, per osservare il sistema dal di dentro, nello spazio in cui convivono operai e dirigenti. E in quello spazio la vita sembra perdere il suo senso, perde senso il lavoro, perdono senso le relazioni.
Brizé descrive il lato perverso di una liberalizzazione ultraliberale che rende impossibile vivere agli operai come ai dirigenti, spinti a eseguire piani economici di cui conoscono in anticipo l’impraticabilità. Tutto in nome della redditività a breve termine degli azionisti che rifiutano di vedere l’uomo dietro i fogli Excel. Un autre monde è praticamente il controcampo di In guerra, abitato da un Vincent Lindon sindacalista che si oppone alla chiusura della sua fabbrica. Brizé termina probabilmente qui il suo viaggio nel mondo del lavoro, disegnato come una Passione contemporanea.
Un autre monde fa provare fisicamente quel calvario, prendendo le misure dell’indifferente crudeltà del sistema e di una società che si accomoda su quella tragedia. E di quella tragedia, il regista ascolta le parti in causa, gli uomini e le donne, le vittime e i carnefici, i pro e i contro. I suoi ultimi titoli finiscono per costituire una trilogia ideale. Ogni film sembra essersi costruito sul precedente, e grazie al precedente, attraverso gli incontri e alle (tante) domande sollevate. Mostrare e analizzare è il metodo di Stéphane Brizé. Fedele alle sue abitudini, inscrive nell’intrigo un dilemma morale e assolda intorno al corpo di Vincent Lindon un cast amatoriale, rinforzando la coerenza dei suoi propositi e creando interstizi per i suoi personaggi al di là dello schermo.
Nel mondo altro del regista, reagiscono due corpi a priori estranei: la fiction e la dura realtà sociale. Ed è il personaggio finzionale a portare più libertà e a sbloccare l’impasse, sottolineando il potere del cinema di condurci a quella libertà. (Marzia Gandolfi, mymovies.it)